Luigi Malerba ~ Strategie del comico (2)

 

The Moschophoros, 570 a.C. circa, scultura, marmo dell'Imetto, Museo dell'Acropoli, Atene
The Moschophoros, 570 a.C. circa, scultura, marmo dell’Imetto, Museo dell’Acropoli, Atene

 

Comico soggettivo

 

Racconta Šklovskij (Il punteggio di Amburgo) che in una casa di Amburgo suonavano sul mandolino Eterna memoria, una celebre marcia funebre, e che in una stanza c’era gente che piangeva mentre in una stanza attigua altri ballavano al suono della stessa musica. Dunque una musica, un gesto, un discorso, un atteggiamento, può provocare nello stesso tempo il riso o il pianto. Dunque il riso come fenomeno del tutto soggettivo? Il comico come segno invertibile? In una sala di gente andremo alla ricerca di una persona che piange. E questa non sarà l’eccezione che conferma la regola, ma la coincidenza degli opposti annidata nei meccanismi segreti del comico.


 

Dissociazione

 

Ho deciso di andare a vedere un film e dico: «Voglio vedere se questo film mi piace, voglio vedere che cosa ne penso». Mi dissocio per diventare l’osservatore di me stesso, il mio tutore e consigliere. L’io primo vede il film «in buona fede» e commenta. L’io «evaso» fa il commento del commento, da fuori. Se il primo ride, il secondo si diverte a vederlo ridere, ma il ridere non è il comico di per sé. Il riso è contagioso, ma non sul vuoto, bisogna che la ragione, il comico che provoca il riso, sia alla portata di chi subisce il contagio. Se l’io dissociato ride in tutti e due i suoi elementi (l’io primo e l’io evaso), incomincia a «fare spettacolo» e a esigere la presenza di altri spettatori. La catena si interrompe perché un terzo io non è concesso. L’io, anche se sdoppiato, può muoversi per conto di terzi, ma non può essere terzo.

 

La buccia di banana

 

Non è detto che un uomo che scivola su una buccia di banana faccia ridere sempre. Se l’uomo è inseguito da malviventi che vogliono ucciderlo, la stessa caduta che in un altro contesto provoca il riso, diventa subito drammatica. I passi sgraziati del pessimo allievo che non fanno ridere il maestro di ballo (Freud) non rovesciano l’effetto ma lo traducono in semplice disagio o disappunto. Soggettività, necessità di un contesto o di un riferimento adeguato: allora il «comico in sé» non esiste? L’ambiguità scoraggia la ricerca delle essenze. Più che mai il comico sfugge alle definizioni, appare un concetto sfumato ai bordi.

 

Limestone male head - Archaic, tardo VI secolo a.C., Cultura cipriota, © The Metropolitan Museum of Art.
Limestone male head – Archaic, tardo VI secolo a.C., Cultura cipriota, © The Metropolitan Museum of Art.

 

Riso inopportuno

 

Pitagora faceva severe selezioni fra i giovani che aspiravano a entrare nella sua scuola. Nella Vita pitagorica Giamblico riferisce che il filosofo «in primo luogo cercava di indagare sui rapporti che questi giovani intrattenevano con i genitori e con gli altri familiari, poi osservava quando ridevano inopportunamente, quando tacevano, quando chiacchieravano a sproposito».

Abche il riso dunque come spia e specchio dell’anima invisibile: il riso inopportuno, quello che abbonda sulla bocca degli stolti. Ma il riso individuale non è sempre e dovunque inopportuno? Chi ride reca disturbo a quelli che non ridono. Il riso non viene mai catalogato nei comportamenti sociali efficienti, nasce sempre negli interstizi vuoti fra un’istituzione e l’altra.

Nella scuola pitagorica il riso inopportuno, espressione «senza fondamento», non può avere libero accesso, serve solo per definire e respingere la persona che lo pratica. Ma anche il riso in generale deve rimanere ai margini della scienza e dei suoi santuari. Una società di rigori filosofici e morali come quella pitagorica, proprio nella sua qualità di modello, non programma il riso nei suoi comportamenti né il comico nei suoi insegnamenti.

 

Comico triste

 

Se non fa ridere, il buffone viene percosso. Il riso può essere una condanna o un supplizio per lui. Più di una volta gli spettatori gli hanno tirato in testa gli zoccoli e il buffone ha dovuto ritirarsi dalla scena con la testa sanguinante. Il sangue non è comico, anche se dal tragico al comico il passo è corto. È nota la ipocondria privata del buffone, la sua vocazione alla infelicità, all’avarizia, al suicidio. Quando il buffone muore, del riso non rimane traccia, nessuno ride più alla sua memoria perché la memoria non trasmette il riso. Nella memoria il riso può addirittura provocare il pianto: «Un povero spettro sono di giorno, di notte la mia vita si ridesta, allora io sogno la mia bella donna, ella mi siede accanto e ride. Che riso sano, felice, folle, con i denti così bianchi! Se penso a quel riso, scoppio subito in la crime» (Heinrich Heine, Gli dei in esilio).

 

Young man with pointed cap. Limestone, Cypro-Archaic II (middle of the 6th century). From Idalion, Cyprus. Louvre Museum.
Young man with pointed cap. Limestone, Cypro-Archaic II (middle of the 6th century). From Idalion, Cyprus. Louvre Museum.

 

Maschile e femminile

 

Don Chisciotte, Gulliver, Gargantua e Pantagruele, Bouvard e Pécuchet, Pinocchio, Lazarillo, Charlot, non c’è una buffona nella storia della buffoneria. Il comico è maschile. Le maschere della tradizione comica sono sempre maschili (Colombina è l’eccezione). Il palcoscenico della commedia era interdetto alle donne. Lo sberleffo, la torta in faccia, fanno ridere se colpiscono l’uomo di potere (locuzione alla quale non corrisponde la «donna di potere» anche se può esistere e in qualche caso esiste). Il potere è maschile per definizione, per istituzione, per tradizione: il re, il generale, il sindaco, il papa sono uomini. Le regine, le sacerdotesse, le papesse entrano e escono dalla storia corrente. Se il femminismo vincerà la sua guerra avremo anche un potere al femminile e probabilmente un comico al femminile.

 

Aspettativa e delusione

 

La peripezia di Aristotele (mutamento della situazione in senso contrario al previsto), lo scarto rispetto alla norma di Spitzer valgono per la tragedia e la commedia. Nei tempi accelerati, peripezia o scarto rispetto alla norma diventano produttori di comico. Secondo Kant invece «il riso è una affezione che deriva da un’aspettativa tesa, la quale d’un tratto si risolve in nulla» (Critica del giudizio). In nulla? Il filosofo di Königsberg non è l’unico a manifestare insofferenza e incomprensione per il comico: definisce i suoi effetti (il riso) una «affezione» e riduce in «nulla» sia l’imprevisto aristotelico che lo scarto spitzeriano.

Un uomo viene rinchiuso in una gabbia insieme a un leone. La mattina dopo il malvagio che lo ha rinchiuso trova l’uomo dentro la gabbia con un mucchietto di ossi ai suoi piedi: ha mangiato il leone! Ecco uno dei possibili esempi in cui l’aspettativa non si risolve in nulla ma in un fatto a sorpresa. Il nulla, di Kant o di altri, è delusione e la delusione non è comica. La sorpresa al contrario può essere comica. Il vuoto (il nulla) produce semmai orrore, non riso.

 

Queste note

 

Queste note (appunti e citazioni) vanno scritte seriamente. Del comico conviene parlare con serietà altrimenti il discorso si disperde, diventa falso e inutile. Sull’assassinio di Aldo Moro si sono raccontate freddure e il fatto tragico non ha perso i suoi connotati di tragedia. Se si ride e si scherza sul comico si annienta il discorso, si ottiene zero come risultato.

 

 

In Alfabeta n. 18, ottobre 1980
Immagini di:
Il sorriso nell’antichità.

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