“… con l’infinito rimorso di non conoscere tutto, di non stringere tutto”(A. M. Ripellino)
Di me, delle mie sinfoniette
Vorrei che la mia poesia risonasse come un violino, comunque esso si chiami: violon, violìn, viool, hegedü, Geige, housle, skrzypce, skripka. Anche se storto, se guercio, e perciò chagalliano. Ma non dite di aver udito dalle mie labbra: «Ich bin ein russischer Jude». Perché, sebbene io sia imbrattato delle fuliggini della Mitteleuropa, nutrito di mille umori stranieri e come arrivato sin qui con un carrozzone dipinto di calderai, tuttavia nella barocca e ferale Sicilia nativa affondano le mie radici. Penso talvolta che questo sradicamento sia la sorgente di tutti i miei mali, della mia vita in bilico.