
Eliseu Visconti, Maternidade, 1906
A volte ho l’impressione di scrivere semplicemente per intensa curiosità. Il fatto è che, scrivendo, mi abbandono alle più insperate sorprese. È mentre scrivo che spesso prendo coscienza di cose che, essendo prima incosciente, non sapevo di sapere.
(Sullo scrivere, 20 dicembre 1969)
Menino a bico de pena
Soprattutto, come conoscere il bambino? Per conoscerlo devo attendere che si deteriori, e soltanto allora sarà alla mia portata. Lui sta laggiù, un punto dell’infinito. Nessuno conoscerà il suo oggi. Nemmeno lui. Quanto a me, lo guardo, ed è inutile: non riesco a comprendere una cosa che è semplicemente attuale come se fosse totalmente attuale. Ciò che conosco di lui è la sua situazione: il bambino è quello a cui sono appena spuntati i primi denti ed è lo stesso che sarà medico o falegname. Nel frattempo, lui è là, seduto in terra, in una maniera reale che devo definire vegetativa per poterla capire. Trentamila di questi bambini seduti in terra avranno l’opportunità di costruire un mondo diverso, un mondo che si faccia carico della memoria dell’attualità assoluta a cui un giorno siamo appartenuti? L’unione farebbe la forza. Lui è là seduto, che inizia ogni cosa per la prima volta, ma, per ciò che riguarda la sua stessa proiezione nel futuro, non ha nessuna reale possibilità di iniziare sul serio.